“Senza videocamera ma con uno scalpello incido la scenografia di una storia e faccio muovere i miei personaggi all’interno dei tre atti durante i quali si svolge il mio personalissimo, piccolo teatro figurato del sentimento…”.
“Dal Titanismo al Romanticismo…
Tre racconti scolpiti nel marmo…
Ercole e Alcioneo nellaVittoria… il mito titanico delle assolute certezze…
Gea e Crono nel Soccorso…un presagio annuncia il peso del destino…
Persefone e Ade nella Nostalgia… i dubbi e la fragilità del sentimento…
Il primo completamente impregnato di forza e certezze; il secondo in una sorta di transizione nella quale già il senso del destino ostacola in qualche modo il pieno realizzarsi della propria volontà; il terzo ormai saturo d’incertezze, tensioni verso l’infinito e rassegnazione al proprio destino”.
Gigantomachia I, 1993
“L’homme est un dieu tombé, qui se souvient des cieux”.
Alphonse de Lamartine.
Marmo statuario di Carrara.
Dimensioni: 181 x 62 h x 30 cm.
In corso d’opera.
Opera esemplare unico.
Opera in vendita, attualmente proprietà dell’artista.
Sinopsi dell’opera “Gigantomachia”.
Una trilogia per il divenire titanico.
Ho interpretato tre racconti mitologici attraverso una chiave di lettura, volta a individuare il “divenire” dell’animo umano, che dalla forza compatta del pensiero e delle sue certezze fluisce nella fragilità del suo disorientamento emotivo.
Il sentimento di ribellione dell’animo umano che nel Titanismo arcaico era proiettato contro fatti concreti e ben definiti, quale per esempio il potere,
nel pensiero Romantico è rivolto invece contro il senso di materialmente finito che circoscrive la vita dell’uomo, diventando una prigione in cui l’anima umana reclinandosi si mortifica.
Questa “progressione figurata” ha accompagnato la mia immaginazione, disvelandole in parte i suoi segreti, facendola sostare là dove più forte sembrava essere la sua simbologia, là dove potevo comporla in tre momenti rappresentativi, ciascuno catartico ed emblematico.
Ancora storie da raccontare…
Milano, 1996
Sequenze girate per lo studio dell’opera “Gigantomachia I”.
L’uomo è un dio caduto che si ricorda dei cieli.
Questa scultura ricorda la tipologia dei fregi presenti nei templi classici greci, nella sua impostazione strutturale; ma per la sua realizzazione ho applicato canoni spaziali diversi: il tutto tondo, l’altorilievo, il bassorilievo e l’incisione.
Le riprese sono state suddivise in tre episodi, scolpiti rispettivamente nelle tre parti in cui è stato suddiviso il pannello. Ballerini e modelli hanno interpretato le scene assegnate dalla regia. La loro capacità di accentuare al massimo l’energia muscolare nei movimenti assegnati, ha permesso la maggiore espressività spirituale possibile.
In ogni singolo episodio ho accentuata la gestualità di una singola figura ottenendone il massimo risalto, nell’intento di “personificare” un particolare stato d’animo
I) Episodio: Vittoria
Nel primo racconto ho inteso esprimere il mito titanico della forza vincitrice e della sopraffazione intesa, nell’accezione più classica, come vittoria indifferente e non condizionata dal sopruso necessario al suo ottenimento e chiaramente visibile nella sopraffazione di Alcioneo.
II) Episodio “ Soccorso”
Sulla scena viene raffigurata Gea e suo figlio Crono. Dai due personaggi scaturisce un forte senso di contrasto. Gea, nel suo procedere quasi superbo, tiene per mano il bambino e si muove con tutta la sicurezza che la coscienza del suo divino potere le dà; sa o almeno crede di sapere di essere lei stessa forgiatrice del destino di Crono. D’altra parte Crono nel suo volersi adeguare all’andatura materna, incespica e miserevolmente cade.
Gea non ha dubbi, immediatamente si volge a sollevarlo per riprendere il suo cammino. Ma la caduta di Crono non ha nulla di casuale, in essa c’è tutto il presagio della definitiva sconfitta, che un inesorabile destino, più forte della pur forte Gea, finirà con il distruggerlo, mortificandolo. A nulla sarà valsa la caparbietà di Gea; neanche lei potrà opporsi al destino contro il quale è miseramente vano lottare.
III) Episodio: Nostalgia
Persefone mi sembra personaggio quanto mai lontano dalle classiche assolute certezze del titanismo. Questa fanciulla inizia con l’essere vittima di Ade, rapita e costretta ad una unione con il Dio delle Tenebre, che in qualche modo non manca però di affascinarla.
D’altra parte il ricordo della madre Demetra, della Terra e delle compagne diviene per lei struggente nostalgia.
Il destino di questa fanciulla viene deciso dagli dei più potenti dell’Olimpo, che scelgono la sua sorte senza che lei possa in alcun modo intervenire. Ribellarsi non servirebbe. Permane soltanto una docile sottomissione al proprio destino, che appalesa la somma d’incertezze e contrasti entro cui si dibatte questa creatura titanica.
Persefone si allontana dal mitico mondo degli dei e quasi in un vaticinio di modernità si avvicina ai nostri tempi.