… Il miracolo della metamorfosi…
Aletto, Tisifone e Megera…
… da creature vendicatrici che puniscono e non perdonano i crimini commessi…
… a creature benevole e protettive che ristabiliscono l’equità e promettono un ordine esistenziale…”.

“…Erinni… ed… Eumenidi…
Forze emotive si dilatano e si moltiplicano verso l’alto…
Movimento circolare ascendente e centrifugo…”.

“Malevole e benevole … crimine e innocenza…
Separanti e ordinanti … castigo e premio…”.

“Nessun vincolo di tempo, nessuna età…
Soltanto l’annuncio di un confine morale…
“.

Erinni, 2004-2008

Bronzo, patina marrone-verde, con gradazione d’intensità colori.
Elementi in vetro di fusione, ali, parti anatomiche delle figure e abito, ottenuti da calchi originariamente modellati.
Dimensioni: altezza: 2,10 m, diametro di base: 1,40 m.
Opera unica e originale, esemplare I, prova d’artista.
Collezione privata.

“Sentite voi……
Enorme è l’influenza
di Erinni sovrane presso gli immortali
e gli dei dell’abisso. Nel mondo umano
esse destinano tutto, con chiara esattezza.
Assegnano a uno canti di gioia,
a un altro una vita
opaca di pianto”.
                                                                   
Eschilo –  Orestea ,  Le Eumenidi


Suggestioni e riflessioni ispirate dall’immagine mitologica delle Erinni

L’ispirazione che motiva la creazione dell’opera d’arte è frutto di un processo intimo ed esclusivo per ogni artista, ma nel caso del mito delle Erinni è facile intuirne la suggestione e il desiderio di raccontarlo, ancora oggi nel secondo millennio.

Eschilo, come Euripide e Virgilio, ha tratteggiato le figure di queste tre donne, Aletto, Tisifone e Megera con la sapienza di chi sa evocare immagini così cariche di espressività da donare loro la chiarezza somatica di un affresco, così nitide nella loro contemporaneità emotiva da sembrare tratteggiate con l’immediatezza di un acquarello, tanto vive da incantarci ancora con le loro gesta mai concluse.

Esse sono il simbolo del male e della punizione, della tortura, del senso di colpa e allo stesso tempo del bene e del ristabilimento dell’equilibrio.
Esse incarnano concetti che per loro natura sono essenziali, semplici e significanti, arrivano diretti all’intelletto e al cuore, non hanno nessun vincolo di tempo, non hanno età.

Sono il Male e il Bene.

Le tre sorelle infernali ballano da sempre e freneticamente con la ragione e il sentimento, perché esse conoscono il confine tra ciò che è buono e ciò che non lo è, perseguitano il colpevole ma conoscono anche la quiete del perdono.
Il tema del male e del bene, del senso di colpa e della pietà sono i cardini della mia ispirazione, essi rispondono a una esigenza di chiarezza mentale e spirituale che sento così urgente nel tempo in cui vivo.
Intorno a me avverto come confusi i confini tra due spinte: positiva e negativa, i valori etici e morali sembrano essersi dilatati, sconfinati uno nell’altro, tutti compresi da una informe linea
che, invece di distinguerli, tende ad  agglomerarli in nome di un generico senso del lecito, di un allargato concetto di giustizia e di giustificabile, di un imprecisata quanto fittizia ricerca di benessere interiore e di quieto vivere.

Ecco allora il senso di queste figure simboliche di donne, e non a caso donne, che ordinano, separano, castigano e perdonano con la sapienza dei Greci e il fascino del mito.

Nella mia immaginazione creativa le Erinni incarnano esse stesse il concetto di “metamorfosi” laddove si trasformano da esseri divini di una certa natura in altri di natura completamente diversa: da malevola a benevola.

Attraverso suggestioni drammatiche, esse evocano l’ambiguità inesorabile dell’esistenza e della duplicità per cui le parti s’invertono e ciascuna può passare liberamente da un ruolo all’altro.

Le Vendicatrici incarnano l’ossessione malevola del male, nella continua ed incessante punizione, ma sanno poi trasformarsi in forze positive e benevole se il colpevole si pente.
E’ allora che prendono il nome di Eumenidi.

In questo alternarsi tra male e bene, innocenza e crimine, premio e castigo risiede l’origine del mio interesse per questo tema.

Le emozioni suscitate in me da queste figure hanno preso la strada della coscienza e il pensiero ha maturato l’idea che desideravo esprimere: il momento catartico del cambiamento tra le due opposte spinte, il passaggio dall’uno all’altro dei due stati spirituali, la consapevolezza della possibile metamorfosi.

La difficoltà che intuivo nel corso dei ragionamenti che andavo facendo durante il lunghissimo tempo del silenzio che ha preceduto la mia creazione, è stata di ordine morale: può il regolamento di conti continuare in eterno o si deve veramente intravedere un patto, la promessa di un altro ordine esistenziale?

Ecco allora che le Erinni descrivono con i loro corpi un movimento circolare, ascendente e centrifugo, in maniera tale che la loro forza “cacciatrice” possa espandersi e moltiplicarsi tutt’attorno, in fuga lungo rigorose linee geometriche.  Esse gridano la consapevolezza del male avvenuto e in un’incalzante ed impetuosa rincorsa istigano nel reo il senso di colpa e fomentano la follia, susseguendosi l’una dopo l’altra in un cerchio il cui epicentro è il castigo.
Poi si placano esse stesse e il loro diventa un ritmo calmo composto da ampi gesti, tanto corali e protettivi da suscitare la “pietas”, irradiare la forza dell’equilibrio e raggiungere il culmine della composizione verso l’alto, il bene, il  limbo sognato che diventa promessa di ordine ed equità.

Io desidero che le mie Erinni riescano ad essere così luminose da evocare a noi tutti il  patto di pace come  promessa per il futuro.


Descrizione dell’opera
    
Questa opera è stata realizzata in bronzo utilizzando una lega che rende la superficie particolarmente compatta e levigata, con una colorazione ramata che tende ad essere chiara e luminosa.

Dal punto di vista strutturale le tre donne, seguendo il mio concetto di movimento, appaiono come sei figure, perché vengono a scomporsi in un moto che ne sdoppia la natura fisica e di conseguenza quella simbolica, enfatizzando il passaggio dall’una all’altra nella metamorfosi che esse stesse stanno subendo.

Ciascuna figura segue l’istinto dell’azione formale che gli ho attribuito e alla quale ho affidato la carica della sua forza emotiva: sia quella negativa della punizione che quella positiva del perdono.

I gesti di Aletto, Tisifone e Megera si moltiplicano nella descrizione del cambiamento metamorfico, disegnando il principio che mi ha ispirato e l’obbiettivo concreto che ha sostanziato il perno della mia espressione figurativa.
Per differenziare il passaggio tra queste due condizioni morali mi sono affidata all’eloquenza simbolica dei gesti e al colore.
Tutta la parte della composizione scultorea che interpreta il male è patinata con una tonalità più scura che va man mano schiarendosi verso l’alto delle figurazioni dove trionfa il bene, evocando una sensazione di luce e di benessere.

La progressiva sfumatura nella colorazione cerca di sottolineare l’appartenenza alle due  diverse categorie morali.
Eseguendo questa opera in bronzo non avevo a mia disposizione la trasparenza morbida e translucida del marmo, sapiente evocatrice di dinamismo spirituale ed emozionale, non potevo “scolpire la luce” come posso farlo con uno scalpello sulla pietra, assottigliandola fino a spessori minimi, e ho così pensato di utilizzare il vetro.

Motivata dalle mie visioni immaginarie ho iniziato così un lungo percorso di ricerca sperimentale per creare dei vetri che avessero caratteristiche strutturali tali da poter dare vita ad un nuovo connubio simbiotico di materiali, bronzo e vetro, connubio fino ad oggi inesplorato.
Dopo avere tentato molte vie e complessi procedimenti di lavorazione, dai crogioli di fòndita da cui si preleva il vetro per soffiarlo con le canne, ai forni dove si realizza la vetro-fusione a cielo aperto, in piano o a caduta, con o senza un calco di supporto, sono riuscita ad ottenere gli effetti che desideravo: intrusioni sedimentarie e metalliche nella pasta vetraria, sfumature di colore atipiche, robustezza degli spessori e materialità della superficie, pur conservando nell’impatto visivo l’indispensabile ariosità e trasparenza.

Ho condotto questa ricerca in più di una fucina del vetro, da quelle venete come a Murano a quelle lombarde, immersa nella magia di riti, ritmi e gesti antichi, in un mondo a me completamente sconosciuto che mi ha molto affascinata.
Una soluzione pienamente soddisfacente è arrivata soltanto quando ho incontrato l’abilità e la disponibilità alla sperimentazione di un maestro vetraio, che da sempre si dedica a composizioni con il materiale vetroso e che, con la sua esperienza e manualità, ha intuito e assecondato questa mia ricerca tesa all’enfatizzazione del movimento attraverso elementi vetrosi luminosi e colorati. Ho impastato nel vetro particelle materiche mai utilizzate prima in fusione, per riuscire ad ottenere la lettura di quella particolare “materialità” della quale volevo fosse intessuta la veste, una vera e propria trama, e altre per ottenere le tonalità del marrone simili al colore naturale del bronzo patinato e ossidato.
È cosi che l’aria è diventata vetro.

Così sono alcune parti strutturali dell’opera: un seno e la fronte di Aletto, per dimostrare come l’intelletto e il cuore possano contemplare una consapevole teoria del bene; entrambi i seni e l’abito di Megera per sottolineare le forme lucenti della bellezza quando la luce e l’aria giocano tra i volumi; le “vele” per disegnare la sintesi dei gesti nelle geometrie delle scie generate dal movimento e dal conseguente spostamento dell’aria.

Sia il bronzo che il vetro hanno una stessa tonalità di colore, per evidenziare una differenza materica che deve rimane visualizzata soltanto dal passaggio della luce.
Anche il vetro, uniformemente al bronzo, grazie ad una gamma di tonalità, si va schiarendo verso l’apice della composizione, anch’esso alla ricerca dell’assoluta trasparenza.
  
Ho affidato al vetro la composizione e la scomposizione della luce che, libera finalmente di filtrare incontrastata attraverso la materia, come da un albero frondoso, giocherà per sempre con le ombre e con i riflessi, e semplicemente seguendo il suo ciclo solare, da est a ovest, dall’alba al tramonto, con il sole o il grigio delle nuvole, saprà donare eloquenza alla voce delle mie Erinni.

Milano, 2008

Impressions and reflections inspired by the mythological image of the Erinyes

The inspiration which stands behind the creation of a work of art is the result of a private and personal process the artist goes through. But when it comes to the myth of the Erinyes, it is easy to comprehend the fascination and desire to share it even today in the twenty-first century.

Aeschylus, like Euripides and Virgil, defined these three women, Alecto, Tisiphone and Megaera with the wisdom of a person able to evoke such expressive images, comparable to the clear contour of a fresco. Images which are so neat in their emotional contemporaneity, they resemble the quick stroke of a watercolourist’s hand, full of life and enchanting us with their boundless gestures.

They are the symbol of wickedness and punishment, torture and guilt, and, at the same time, of good and of a re-establishment of balance. They represent concepts that for their very nature are essential, simple and meaningful; they touch our hearts and minds without limitations of time or age.
They are both Good and Evil.

These three infernal sisters have always frenetically danced with sense and sensibility because they know the boundaries between what is good and what is not, they know how to torment the guilty but they also know the serenity of forgiveness. The theme of good and evil, i.e. of the sense of guilt and of piety, is the fulcrum of my inspiration and is the answer to a need for mental and spiritual clarity which I believe is essential nowadays. 

Around me I perceive, as if not clearly defined, the limits between two opposites: positive and negative. The moral and ethical values seem to have expanded, overlapping each other and therefore comprised within a shapeless line which, rather than defining them, tends to merge them in the name of a generic licit sense, of a blurred sense of justice and of justifiable, of a vague and at the same time fictitious research for an inner well-being and for serenity.
Here is the essence of the meaning of these symbolic women– not by chance are they women – who order, divide, punish and forgive with the wisdom of the ancient Greek and the fascination of the myth.
 
In my creative imagination the Erinyes represent the concept of ‘metamorphosis’ whenever they transform themselves from divine creatures to others of a totally different nature: from evil to good.
Through this dramatic magnetism, they evoke the inexorable ambiguity of existence and duplicity and freely invert their roles.

The Avengers represent the evil obsession which is reiterated in constant and continuous punishment, but at the same time they are able to transform into positive forces if the guilty person repents. It is then that they take the name of Eumenides.
It is upon the alternations between bad and good, innocence and guilty, reward and punishment that my interest for this theme is based.

The emotions caused in me by these figures have reached my soul and mind, which together have given life to the idea I ever wanted to express: the cathartic moment of the change between the two opposites, the going from one spiritual status to the other, the awareness of the potential metamorphosis.
 
It was my moral consciousness that impeded me during that very long period of silence which preceded my creation: can revenge ever cease or should one try to see a compromise, the promise of a different existence?
 
It is at this point that the Erinyes describe a curving movement with their bodies, a rising and circular movement that allowed their ‘hunting’ power to  expand and multiply all around, running along rigorous geometrical lines. They lament the pain of the past and in an ever chasing, furious run-up cause a sense of guilt in the culprit and breed madness in them, alternating one after the other in a circle whose centre is the punishment.
 
Then they calm down and their rhythm slows down, with large, synchronized  gestures that cause ‘pietas’. They emanate a sense of equilibrium in order to reach the top, the good, the dreamt of limbo seen as the promise of order and equality.

I would like my Erinyes to have a brightness that is able to evoke in all of us an willingness to seek peace for the future.

This is the message I would like my work to communicate to its viewers.


Description
    
This work of art has been created using a special bronze alloy which makes the surface of the work particularly smooth and compact, with a bright and luminous copper shade.

From a structural point of view the three women follow my concept of movement, appearing as six figures, because they separate in a single movement which splits their physical aspect and consequently their symbolic one as well, emphasising the passage from one to the other within the metamorphosis that they undergo.

Each figure follows the instinct of the formal movement which I have given it and which I have loaded with emotional power: both the negative power of punishment and the positive power of forgiveness.

The movements of Alecto, Tisiphone and Megaera multiply within the description of the metamorphic change, sketching the principle which has inspired me and the concrete objective which has become the basis of my figurative expression. 

To distinguish the change from one moral condition to the other, I have used the symbolic eloquence of gestures and colours.

The part of the sculpture which is symbolic of evil is glazed with a darker shade which gets lighter and lighter towards the higher part of the figure where we find good, evoking a sense of light and wellbeing.
The progressive nuancing attempts to underline the assimilation of the two different moral categories.

The use of bronze for this work did not allow me to exploit the soft, translucent transparency of marble as an evocative means of spiritual and emotional dynamism. I could not  ‘sculpture light’ as I do with my chisel on stone, reducing it to its minimum, so I thought of using glass.

Motivated by my imaginary vision I started researching glass whose structural characteristics were able to support the combining of bronze and glass – something totally new.
After several attempts using the various techniques of the most famous glass studios, I managed to achieve the desired effects: sediments and metallic intrusions in the glass, unusual nuancing,  strength of thickness, and grossness of the surface combined with a sense of transparency and light.
 
I ran my research in more than one glass factory, from ones in the Veneto region, Murano and Lombardy. I became engrossed in the magic rituals of glass making and its ancient gestures and rhythm in a world that until then had been totally unknown to me. I was totally fascinated by it.
I eventually managed to obtain a wholly satisfactory result when I met Giuliano Gaigher who, with his expertise and willingness, helped me. Giuliano has been working in the glass world for years, and thanks to his experience and artistic perception, he was able to understand and respond to my ideas based on the emphasis of movement through coloured, luminous glass elements. 

And in so doing, air has become glass.

Glass is present in some parts of the work of art: a breast and the forehead of Alecto, to prove how the mind and the heart can contemplate a conscious theory of good; both breasts and the dress of Megaera to underline the luminous shape of beauty when light and air play with volume; the ‘sails’ to draw the synthesis of the movements into the geometry of the wake created by movement and by the consequent floating of air.

Both bronze and glass have the same shade of colour, which highlight a material difference only when light is involved.
 The glass, in the same way as the bronze, gets lighter and lighter towards the top of the composition thanks to a range of shades and it eventually transforms to become totally transparent.
  
I have given the glass the role of composing and deconstructing light which, eventually free to filter through the material, will play for ever with the shadows and reflexes in the natural movements of the sun, from east to west, from sunrise to sunset in the grey filtering of the clouds and will be able to give voice to my Erinye.

Milano, 2008