“Cavalli nel deserto… magnifici animali galoppano attraversando distese di verde e di sabbia…
possanza fisica e bellezza, lampi di energia pura e bagliori di riflessi nella natura…”.
“Conservo negli occhi l’immagine della prateria Nansha, nello Xinjiang, la terra aspra e selvaggia dei Kazaki.
Attraversandola a cavallo incontrammo un branco di Akhal-Teke, meravigliose creature brune, dorate e argentee, che allo stato brado galoppavano libere giocando tra di loro, fermandosi per poi ripartire, affiancandoci per intere giornate, dettandoci tempi di sosta e percorsi, componendo e scomponendo cerchi magici di figurazioni libere, sature di una straordinaria intensità emotiva e di una primordiale energia incontaminata.
La libertà era ovunque… io la respiravo commossa…
Uno spettacolo che ancora affascina la mia immaginazione e del quale vorrei raccontare la bellezza, tentando di scolpirlo nella pietra”.
Progetto per un’opera da realizzare: Levrieri del deserto…, 2020
Bozzetto propositivo per una committenza.
Plastilina su legno con sostegni in ferro.
Dimensioni:
Base di appoggio: 60 x 50 h x 32 cm.
Scala: 1:4
Work in progress.
Riflessioni intorno al progetto dell’opera “ Levrieri del deserto…”
Il mio desiderio di scolpire i cavalli nasce spontaneo dall’idea di una rappresentazione scultorea che coniughi equilibrio baricentrico e movimento, sfidando le leggi di gravità in una composizione che, nella sequenza di un susseguirsi di attimi, susciti nello spettatore la sorprendente sensazione dello spostamento nello spazio e l’illusione di intuire il passare del tempo in un movimento trascorso.
E facile immaginare le suggestioni che può ispirare un cavallo in corsa…
L’arte statuaria del passato ha spesso ritratto il cavallo in funzione elogiativa e celebrativa del cavaliere del quale si volevano declamare la grandezza e le gesta, sminuendo così le sue caratteristiche di razza e il suo atteggiamento comportamentale.
Molte di queste raffigurazioni ritraggono un’immagine bloccata in un momento unico e statico, come se essa fosse stata inchiodata per sempre in una frazione di secondo prestabilito, lo stesso nel quale l’immaginazione creativa dello scultore lo ha voluto immortalare e rappresentare.
Io vorrei tentare di superare questa immobilità “ statuaria”, vorrei liberarlo dalla formalina in cui è stato conservato, vorrei che corresse, che fendesse l’aria e che noi potessimo percepirne l’impatto e lo spostamento, ricavandone tutto lo stupore e il fascino che può destare lo spettacolo di un galoppo libero…
Se potessi dire… vorrei dare concretezza materica alla percezione dinamica ed emozionale della corsa…
Lucca, 2020